Le piscine possono essere un vero centro di profitto, ma si devono rispettare alcune condizioni e si deve puntare alla soddisfazione del cliente che, alla soglia del 2020, va considerato diversamente rispetto a inizio millennio
Negli ultimi anni stiamo assistendo a un profondo cambiamento nel settore delle piscine. Un quadro con luci e ombre, dove si rileva un crescendo di disfatte, causate da incompetenze e approssimazioni che il sistema non perdona più.
I fallimenti in questi ultimi anni sono cresciuti di oltre il 30% rispetto a un lustro fa. Il dato si commenta da solo e suggerisce di essere ben più accorti rivedendo convinzioni, parametri e soluzioni che assicuravano il successo in passato.
Queste sono alcune criticità da tenere presenti:
- inadeguatezze normative (la legge complica parecchio)
- gare d’appalto mal concepite i cui capitolati dovrebbero suggerire di ignorare il bando, suggerimento eluso da troppi autolesionisti, che, partecipando, danneggiano anche tutto il circuito impiantistico acquatico
- nel caso di privati, spesso nel fitness manca la capacità di cogliere come vada progettata, realizzata e gestita una vasca, coperta o scoperta che sia: ancora troppi pensano che, realizzata la piscina, il più sia fatto, senza capire che la strada è tutta in salita e contano contenuti e mezzi (attrezzature, staff etc.) per raggiungere i traguardi prefissati
- idee vecchie, vasche superate, incapacità di aggiornarsi ed evolvere, perdendo di vista che al centro va collocato il cliente: sono altri elementi che depongono a sfavore, con peso differente secondo la tipologia di impianto acquatico.
Per dovere di sintesi ci limitiamo a questo elenco, senza approfondimenti, ma l’analisi dei deficit è ben più articolata e composita.
Il paradosso della Legge
Vero è che sono tanti gli operatori capaci, dalla managerialità matura e dal profilo imprenditoriale, anche se la Legge attuale impone di configurarsi come società no profit, paradosso per chi, pur impegnandosi nel sociale e nella promozione dello sport, muove volumi economico-finanziari che toccano ricavi superiori anche a 5 milioni per singolo complesso acquatico e ai 20 milioni nel caso di società di gestione strutturate; società che inoltre coordinano moltissimi collaboratori, che possono superare le centinaia, financo le migliaia, alla stregua di medie imprese.
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Le persone che vanno in piscina sono sempre le stesse
Alla soglia del 2020 dobbiamo riflettere che da decenni non si modificano sostanzialmente i numeri di coloro che frequentano le piscine nei mesi invernali e che le piscine sono sì numericamente aumentate, ma in modo irrazionale e marginale se rapportiamo le nostre piscine a quelle delle vicine Francia e Germania che ne contano oltre il doppio, tendenzialmente di qualità. Organi di controllo dovrebbero intervenire per bloccare, salvo rare eccezioni, sindaci e amministrazioni che, con disinvoltura disarmante, approvano progetti di impianti da 8-12 milioni di euro, con PEF o business plan dilettantistici, senza una valutazione dei bisogni effettivi della cittadinanza; sono solo mossi da ambizione di campanile e dalla ricerca di consenso elettorale. Queste cifre comportano, di solo mutuo, circa 400.000-500.000 €/anno per 12-10 anni, cui si aggiungono costi di gestione, con utenze che si aggirano su 250.000 € e costi dello staff, i quali in genere rappresentano il 42% degli oneri gestionali. Il che significa dover avere la certezza di contare almeno su 3.200 iscritti ai corsi/anno o 90.000/120.000 presenze: numeri che per molti complessi acquatici sono un traguardo irraggiungibile anche se ridotto di due terzi.
Due o tre milioni di euro sono il tetto che oggi dovrebbe essere imposto a qualsiasi realizzazione di nuovi impianti, approvati solo a condizione che il bacino d’utenza non sia più limitabile ai 30.000 abitanti, in ragione della diffusa alfabetizzazione natatoria, ma sia allargato almeno a 40.000, meglio ancora se 50.000.
Requisiti vincenti nel 2020
Da un studio condotto da Acquanetwork in collaborazione con EAA, si è rilevato che oggi la piscina ideale, intesa come “contenitore”, dovrebbe contare sui seguenti requisiti di base:
- Meglio più vasche medio-piccole, che una grande (escludere vasche olimpiche)
- Ambienti isolati acusticamente per non interferire
- In una vasca da 20 mt e profonda 120 cm, si nuota. Oltre 130 cm ci accolliamo costi inutili di acqua e riscaldamento
- Una vasca estiva non ha appeal se è un contenitore tradizionale (vasca rettangolare per il nuoto) e se priva di elementi attrattivi e moderni
- Urbanisticamente evitare zone industriali
- La location deve essere ben servita da viabilità e mezzi pubblici
- Ambienti coerenti con target cui ci rivolgiamo
- Progettazione aderente con contenuti da sviluppare e obiettivi strategici
- Modularità degli ambienti sia giornaliera che nel medio termine
- Servirsi di tecnologie che aiutino a ridurre i costi energetici (oggi anche dell’80%)
- Favorire personalizzazione dei servizi e soluzioni ad alto impatto emozionale.
Risulta inoltre fondamentale intercettare e soddisfare i bisogni di chi la piscina la frequenta, o vorrebbe frequentarla ma non lo fa, considerando per esempio che oggi le piscine medio-piccole sono preferibili alle vasche grandi (una 25mt con 8 corsie può essere impegnativa e non consigliabile), che la gente per l’80% desidera vasche dove si tocchi, che i costi energetici vanno ridotti al minimo, ma la popolazione ama la temperatura calda, superiore a 30°-31°C: molti evitano le vasche perché ritengono l’acqua troppo fredda. E poi è necessario offrire lezioni e corsi flessibili, modulari, che vadano oltre i classici corsi di nuoto: imparare a nuotare è un must sociale, ma, appresi i fondamentali, sovente il nuoto è noia che porta all’abbandono delle piscine.
Marco Tornatore
Fondatore di Aqquatix Srl, società specializzata in attrezzature acquatiche e corsi di formazione per operatori acquatici, vice presidente di Acquanetwork Association; capo redattore di Happy Aquatics & Wellness – direttore generale presso E.A.A